L'ALEPH

Immaginare di stare senza pensieri, anche per poco . Cosa rimane di noi?

Il pensiero, il ragionamento, è certamente importante . Aiuta a collegarsi con la vita concreta. E’ un ponte fondamentale per la conoscenza scientifica, tecnica e per raccontare, per spiegare.

Per altri versi il pensiero, e cioè la mente, è un filtro che si frappone tra noi e il mondo.
Un conto è la realtà, un conto è quello che noi ne diciamo o ne pensiamo. Ecco che lì scatta il giudizio personale, il relativismo del tempo e dello spazio, e i condizionamenti che dietro ai pensieri e ai pareri si manifestano. Condizionamenti familiari, sociali, geografici, temporali, scolastici …..potrei non finire mai, il “vissuto”, insomma, il “particolare”.

Ma togliendo questa “barriera”, supponendo di riuscire a fermare questo chiacchiericcio incessante che la mente produce, cosa succede?

La cosiddetta “meditazione” praticata nello yoga e nelle varie discipline spirituali soprattutto orientali, in realtà è, per noi occidentali, impregnati di razionalità fino al midollo, che dimentichiamo di rendere omaggio alla nostra parte “segreta” - quella del Cuore - ( si vede quale realtà produciamo, no?), è, dicevo, una “scoperta” che può finalmente suggerirci un modo diverso di guardare la realtà.
La genialità di questa tecnica è tutta nell’ampliamento di quel momento di “break” della mente, quel piccolo vuoto che esiste tra un pensiero e l’altro. Consiste cioè nel riuscire a prolungare quel attimo che pur “è” nella pausa tra i pensieri. Ampliando questo silenzio della mente allarghiamo la nostra visuale su qualcosa di sconosciuto, un mondo che vive dentro di noi, occultato, disperso.
Cosa accade, allora, quando la mente cessa di agire e si ammutolisce? Dove andiamo? Cosa possiamo “vedere” in quel buio in cui i pensieri cessano di fluire?

Ecco, una volta che l’Io giudicante smette di parlare, finiti i perché , finite le ipotesi, i “se” e i “ma”, rimane una realtà dentro di noi, di cui possiamo solo testimoniare l’esistenza con la nostra presenza. Cominciamo ad ascoltare , a essere, a sentirci non più alla superficie di noi , ma piuttosto al “centro”. Troviamo la semplicità che quello che è, è, e non è né bene né male, ma come se l’ individuale diventasse universale e cominciasse ad avere accesso ad un luogo che non è solo personale ma è comune all’umanità, alla Natura, alla Vita stessa , come un flusso in cui tutte le individualità particolari confluiscono, in cui si percepisce anziché l'isolamento dal mondo, una partecipazione completa con esso, con l’Universo, con il Tutto.
Io credo che lì, proprio in quel luogo, libero da filtri, ci sia la visione del Cuore; quel intuito che si risveglia in noi e che ci fa percepire a tutto tondo al di là di qualsiasi ragionevole intendimento; quando percepiamo sensazioni inspiegabili e proprio in quel momento il pensiero, la “ratio” è muta e silente e non riesce a soverchiare la realtà con l’illusione e l’incantamento.

Questo fraintendimento fondamentale, questa ipnosi, l’inganno, è quello di percepire la realtà come molteplice e frammentaria, mentre l’alfa e l’omega non sono separati, l’origine e la fine coincidono, il nostro incedere nel tempo non è una linea retta. Essa è reale solo finché si è legati alla manifestazione sensibile, ma diventa impalpabile, un miraggio, se si muta orientamento e prospettiva.

E’ l’Aleph del racconto di Borges, il punto di osservazione diverso, il luogo in cui convergono tutte le forme passate e future, in cui esistono contemporaneamente tutti gli uomini, tutte le terre, tutti gli eventi. La successione ciclica è legata al mondo fenomenico, la simultaneità di tutte le cose appartiene invece ad un ordine di realtà più profondo che giace nell’ “essere”.
E’ la grotta di Merlino, fonte di ogni visione e conoscenza. È il buco attraverso cui Alice precipita nel Paese delle Meraviglie. E’ il “ punto immobile del mondo rotante” di T.S.Eliot che canta la struggente inafferrabilità di quel porto celeste:” né da, né verso; nel punto immobile c’è la danza. Ma né arresto né movimento. E non chiamarla fissità. Là dove il passato e il futuro si uniscono. Né moto da, né verso. Né ascesa né declino. Eccetto per il punto, il punto immobile, non vi sarebbe danza, e vi è soltanto danza”."


Bibliografia: Francesca Pacini "La ruota degli dèi" Simmetria Edizioni

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