L’AMBIVALENZA DELLA MEMORIA



Stranezza del ricordo.

Esso ci appartiene e definisce la nostra identità.

Sulla base del ricordo noi prendiamo i riferimenti fondamentali del nostro Io, ma i ricordi sono anche un bagaglio della mente, in fondo un qualcosa che non c’è più e non si sa mai bene se ci sia stato nei termini in cui noi crediamo. Questo filtraggio del ricordo ci fa selezionare le immagini, le sensazioni e scartarne altre, magari meno nobili, meno piacevoli, meno gratificanti.
Scavare nel ricordo è un bel lavoro, soprattutto scavare nelle emozioni che abbiamo rimosso.

Scopro che ce ne sono molte, specie quando si dice:”Non mi ricordo”.

Qui vige una specie di vigliaccheria a posteriori, una fuga meschina che però ci fa anche dimenticare parti intere di noi. Sono, è vero, “non ricordi” ma altresì deformanti, vuoti che però ci hanno forgiato e chissà dove sono andati a riempire.

Il nostro sguardo è importante,proprio come quando cerchi un oggetto, apri il cassetto e l’oggetto è lì, proprio lì dove è sempre stato. E tu non lo vedi.
Se potessi modificare i miei ricordi, proprio come sostituire un “software” interno, mi chiedo , cosa sarei?
E in fondo il ricordo, non è proprio un bel “software” che mi sono costruita nel tempo, tra realtà e fantasia?
Mi vengono in mente coloro che hanno una amnesia totale e non sanno più niente di sé.
Non sarebbe oltre ad una terribile perdita di identità, anche una magnifica opportunità di liberazione di un Sé veramente autentico?

Mi viene in mente un libro che ho letto tempo fa.

Si intitola”Liberarsi dal conosciuto” di Krishnamurti.

Mi sa che lo vado a rileggere.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Come Lei sia andata ad approdare a questa metafora del software mi lascia davvero perplesso: non l’ho proprio digerito (mi perdoni le espressioni). Oltre all’intelligenza, l’essere umano, è dotato di quel “pacchetto” di elementi imponderabili (istinto, temperamento, passioni, genialità, ispirazioni, emozioni, sensazioni) che lo rendono ben lontano dal software. Mentre l’uno, anche nelle azioni abitudinarie, ha sempre una sua variabilità, l’altro, il software, è solo un susseguirsi di comandi atti a ripetere sempre e solo le stesse azioni. Non credo proprio che il ricordo sia come un bel software; e, pensandoci bene, non credo neanche che nel ricordo Lei si sia costruita un qualcosa tra realtà fantasia. Mentre il presente consiste nel “vivere e vedere” l’attimo, il passato e/o il ricordo, non sono solo ciò che gli occhi hanno visto, ma anche un completamento di ciò che l’animo suggerisce in quel momento. Un ricordo in diversi momenti della vita potrebbe suscitare diverse immagini, diverse sensazioni, proprio per quel “pacchetto” di elementi imponderabili, e perché, credo io, il ricordo sia un qualcosa di vivo. Mi piace pensare che il rimpianto, la nostalgia, sono dovuti proprio nella trasformazione di un ricordo in un evento emozionale. Forse è per questo motivo che, in maniera automatica o inconscia avvengono quegli “scarti”, quei “filtri” a cui Lei fa riferimento.
Quanti artisti, pittori, scultori, musicisti, hanno voluto fissare in un assoluto espressivo la perfezione d’un’ora, che sta lì lì per incrinarsi, per preservarla dalle insidie del tempo. E quante volte noi ci gratifichiamo al tornare (anche con un po’ di melanconia o malinconia ciascuno può scegliere il termine che più lo aggrada) con il pensiero a quelle immagini, a quelle sensazioni, a quelle suggestioni. E' straordinario, il ricordo!
Non capisco neanche quella “magnifica opportunità di liberarsi di un Sé veramente autentico”.
E mentre scrivo mi viene da pensare che la vita, in realtà, è un insieme di ricordi (non sono filosofo, non sono un pensatore, so che questa idea balenata al momento è criticabilissima). Però, più ci penso e più credo di avere ragione.
Ma lo sa che spesso mi capita di darmi ragione? Crede che sia grave?
In ultimo volevo anche aggiungere un'altra cosa... ma ora non mi ricordo...

EVA ha detto...

Sicuramente non mi sono spiegata. Non nego il valore del ricordo e se ha letto i miei scritti su questo blog conoscerà perfettamente questo mio lato. In questo caso parlo a volte dei ricordi in un senso diverso. Come tutte le cose esistenti in questo mondo possiamo trovare un'ambivalenza anche nelle cose più belle. L'ambivalenza del ricordo è nella sua capacità di condizionamento, che dipende esclusivamente dal modo in cui lo vediamo. Se noi siamo convinti di avere alle spalle un passato terribile, questa "terribilità" sarà un nostro fardello che costruirà un certo tipo di nostra identità, alla quale ci conformeremo. Trasformare questa "negatività" in positività è il modo in cui noi modifichiamo il nostro "software" e ci riprogrammiamo il ricordo, in una visuale differente che può renderci maggiormente liberi. Ma naturalmente è solo un mio punto di vista.