I PANNI SPORCHI


Ibiskos Editrice Risolo - Empoli 2008, pp.160 romanzo d'esordio di Maurizio Centi.

Ho trovato di una semplicità disarmante questo romanzo di Maurizio Centi, una trama che ricorda certi sceneggiati in bianco e nero della TV. Mi sono ritrovata inaspettatamente, dopo un inizio descrittivo dell’ambientazione che poteva sembrarmi in un primo momento un po’ troppo “sonnacchiosa”, forse un po’ troppo ricercata, a non vedere l’ora di avere un momento libero per poter finire la lettura.
Infatti l’intreccio ad un certo punto si innalza e prende il volo, e la storia procede fluida, leggera e piacevole, leggere torna ad essere finalmente un godibile e piacevole intrattenimento, quello che ti fa immergere nelle pagine di un libro e che non ti fa accorgere dello scorrere del tempo.
Ma non solo. La storia misteriosa che mano a mano si dipana come una matassa ingarbugliata , fa sfilare tutta una serie di personaggi da “romanzo”, dipinti la con benevolente e la simpatica supervisione dell’autore che sembra occhieggiare quasi sornione ai tratti caratteriali, appena sfumati ma efficaci, semplici ed essenziali, dei protagonisti.
Al tutto si aggiunge il sale di un “mistero”, di un enigma sedimentatosi nel tempo, una sparizione misteriosa, a cui se ne accompagna un’altra, una coincidenza che potrebbe sembrare casuale. Ma il senso di tutta la storia si rivela lentamente, e una pagina dopo l’altra si apre uno spiraglio in più che accompagna il lettore verso la chiarificazione finale.
La sofferenza che sottintende le vicende dei personaggi coinvolti non è mai drammatica ma espressa con una misura ed una riservatezza che ne trasmette il senso di una sobria compostezza.
Sembra quasi di aver spiato da un buco della serratura una realtà un pò trasognata, quasi onirica, nonostante il realismo del dialetto marchigiano e mi sono trovata a dispiacermi di dover lasciare il parroco, Don Luigi, o il Commissario Govi, la cagnetta Bella , donna Lucrezia al loro destino , la tenuta dei Casalvieri con i campi che si distendono a perdita d’occhio, e quella realtà raggomitolata un po’ in sè stessa, in cui le vicende individuali si intrecciano saldamente con quelle di tutta la collettività , dove tutti in diversa misura partecipano alle storie di ognuno.
Mi rimane il senso di una leggera malinconica bellezza, come una foto sbiadita, di una storia e di uno spazio fuori dal tempo, che non smette di esistere, neanche dopo aver chiuso il libro.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Se non bastava il titolo a solleticare la curiosità, questa breve recensione mi costringe proprio a leggerlo.

Prima ho da smaltire almeno 2 libri di Mishima, Ammanniti, Sepùlveda, Divakaruni, le Lettere d'amore della Callas e altre cose che neanche ricordo per un totale di 15 libri acquistati proprio ieri.
Ad averlo saputo un po' prima...

Intanto ho preso nota. Lo leggerò!

EVA ha detto...

E' UN LIBRO CHE SI LEGGE IN DUE GIORNI.... CE LA PUOI FARE

Anonimo ha detto...

Anche per terminare (appena poco fa) "Sonata a Kreutzer" di Tolstoj ho impigato un paio di giorni.

Ringrazio per la fiducia.